La tecnologia di per sé è neutra, né buona né cattiva: quello che conta è chi la usa e con quale scopo. I cosiddetti “nativi digitali” sono affamati di tecnologia, ci sono nati dentro.
I nostri bambini e i nostri studenti hanno oggi degli strumenti e delle potenzialità che noi genitori e insegnanti non avevamo alla loro età, ma questo non significa che abbiano da soli tutte le capacità necessarie a farne un utilizzo corretto. Non parlo in termini di funzionalità o capacità tecniche, mi riferisco al fatto che i ragazzi hanno bisogno di guide e di educatori (inteso in senso generale, genitori e insegnanti) coscienti e competenti che li aiutino a metterci la testa. A discernere, ad analizzare, a provare, a sbagliare, a cercare una soluzione, a collaborare.
Per questo ho sentito il bisogno di fare un passo in più e ho cominciato un corso per diventare educatrice digitale.
Tutto parte dalle competenze: l’obiettivo è infatti quello di insegnare e trasmettere ai bambini le competenze digitali attraverso la metodologia del gioco come strumento educativo. L’uso delle nuove tecnologie e l’utilizzo di nuovi approcci (come lo storytelling visuale, la gamification, l’internet of toys, il design thinking for educators e il coding) sono degli strumenti che possono aiutare e potenziare l’apprendimento e l’insegnamento delle competenze digitali, rendendo più efficace la sperimentazione di processi complessi.
Il corso si sviluppa su 8 moduli fatti da lezioni teoriche, video, approfondimenti ed esercizi pratici su cui ci si confronta di settimana in settimana sul gruppo Facebook.
Nel primo modulo ci è stato chiesto di costruire una scatola della tecnologia. Abbiamo cercato i termini del linguaggio digitale nella nostra quotidianità, riflettendo sulle soft skills e sulle competenze necessarie. Questa è stata la nostra scatola:
Ho scelto curiosità e creatività perchè credo che siano la spinta principale, quello che dà energia al motore.
Ho scelto il gioco come altra parola chiave perché è stata la prima risposta che mi ha dato mio figlio quando gli ho chiesto “cos’è per te la tecnologia?”. È da qui che bisogna partire per farli arrivare dove vogliamo che arrivino.
Infine ho messo il coding perchè attraverso i primi approcci alla programmazione i bambini possono acquisire quelle competenze che li aiuteranno nella costruzione del loro futuro, qualunque sarà il lavoro che svolgeranno.
Nel secondo task ci è stato chiesto di scegliere due parole tra le soft skills e indicare come avremmo fatto a svilupparle. Siccome tra le mie 4 parole chiave della scatola della tecnologia c’erano solo 2 soft skills, alla fine ho scelto quella che secondo me è la più importante:
Puoi facilmente immaginare quale sia il mezzo principale attraverso cui la creatività si sviluppa tra le nostre mura di casa: i Lego.
Qui ci sono i mattoni della nostra creatività quotidiana, qui i bambini rovistano e incastrano senza sosta per creare storie, omini nuovi, case, macchine, astronavi, robot. Quando ci si mette anche il papà a dare una mano poi vengono fuori le invenzioni più stampalate, come la mano robotica
o il Roomba Lego, indispensabile marchingegno per la casalinga 2.0: sfrutta la tecnologia Swiffer sotto l’attenta supervisione di Spiderman.
Ci leggiamo per il racconto delle prossime puntate. Nel frattempo se vuoi saperne di più visita il sito di Tinkidoo, promotrice del corso, e leggi l’intervista che avevo fatto alla fondatrice Sonia qualche tempo fa.
Buona creazione!