Alzi la mano chi non ha mai perso le staffe all’ennesimo rifiuto o sfida del proprio figlio/a, chi riesce sempre a mantenere la calma e le giuste distanze di fronte a un conflitto, chi parla e viene immediatamente ascoltato, chi si confronta in maniera costruttiva senza urlare o minacciare o perdere la pazienza.
Ecco se sei in questa categoria zen il mio post non ti serve, e nemmeno questo libro. Se invece ti è capitato qualche volta di gridare con i tuoi figli, perdere le staffe, non saper che pesci pigliare per comunicare in maniera efficace, questo libro potrebbe darti qualche spunto di riflessione.
“Urlare non serve a nulla” del pedagogista Daniele Novara dà alcune linee guida su come impostare un’educazione e una comunicazione che non necessitano di urla e minacce. L’autore riporta diversi esempi pratici e testimonianze che derivano dalla sua esperienza lavorativa in cui è facile trovare scorci della propria quotidianità.
Cosa vuol dire educare
La prima parte del libro si sofferma su cosa vuol dire educare: educare vuol dire organizzarsi, non lasciare tutto al caso, dare delle regole anzichè dei comandi.
Molti genitori fanno prevalere l’accudimento, la disponibilità e il coinvolgimento sull’educazione: perdono autorevolezza e spesso perdono il controllo, passando dall’assertività alle urla, senza ottenere nessuna efficacia. Dei genitori organizzati invece hanno una coesione educativa e fanno emergere le risorse dei propri figli, seguendo il principio montessoriano dell'”aiutami a fare da solo” che crea le condizioni dell’apprendimento.
Spesso l’eccessiva arrendevolezza dei genitori attiva nei bambini degli spiccati comportamenti “tirannici”: la servizievolezza e l’assistenza (sostituirsi al bambino anche quando sarebbe autonomo nell’azione), l’anticipare i bisogni del bambino senza dargli tempo di capire i propri desideri ed infine un’errata delega decisionale (interrogare il bambino riguardo questioni che non è in grado di affrontare) creano nel figlio un comportamento da “imperatore” e non lo aiutano a crescere.
È bene invece comunicare in modo chiaro e preciso, dando delle regole, dei confini ragionevoli entro i quali i bambini possano muoversi con serenità e consapevolezza. Le regole permettono di strutturare gli adeguati spazi di libertà e perché siano efficaci è bene che siano realistiche, adeguate, condivise e sostenibili.
Al contrario le punizioni non aiutano, anzi peggiorano il comportamento dei bambini: la sfida dei genitori è riuscire a convincere anzichè obbligare, essere ascoltati piuttosto che forzare. Perchè l’obiettivo ultimo dell’educazione non è rendere i figli ciò che vorremmo noi, ma renderli capaci di affrontare le diverse situazioni della vita con competenza e successo. Per questo l’obbligo non aiuta, la punizione non serve: magari smorza la situazione momentaneamente, ma nel lungo termine non porta da nessuna parte.
Come gestire i conflitti senza urlare
La seconda parte del libro approfondisce la gestione dei conflitti.
Il conflitto è una questione di manutenzione relazionale: nei conflitti mettiamo alla prova la nostra capacità di affrontare le differenze altrui, le diversità di opinioni e posizioni. E’ bene insegnare ai bambini a non evitare i conflitti, ma a gestirli, conoscerli, affrontarli. importante aiutare i bambini a tirar fuori le proprie zone d’ombra per far sì che il conflitto non si trasformi in violenza, che è proprio la negazione dell’accettazione della diversità e punta all’eliminazione dell’avversario piuttosto che nella ricerca di una mediazione. L’autore ha approfondito questo tema in “Litigare fa bene”: te lo consiglio soprattutto se sei in periodo di litigi tra fratelli!
Alla fine resta da chiedersi come farsi ascoltare dai propri figli, sempre tenendo conto che urlare non è il modo più efficace. L’autore dà alcune indicazioni, da modulare a seconda delle età e delle situazioni:
- non prendere alla lettera le parole dei figli: distinguere la comunicazione di cornice da quella di contenuto
- non mortificarli, ma concentrarsi sul problema
- non fare domande di controllo
- accettare che non dicano tutto
- usare domande maieutiche (=che tirano fuori) per aiutare a capirsi e uscire dai conflitti
- dare indicazioni comprensibili.
Avere degli spunti e delle indicazioni mi è molto utile per confrontarmi e provare a correggere il tiro. So che la parte più difficile dovrà ancora venire (tra qualche anno saranno adolescenti, ma ci pensi?) ma è sempre meglio iniziare a documentarsi!
E tu come sei messa a urla, litigi, punizioni & Co.? Pensi che queste idee possano essere d’aiuto?
Questo post partecipa al Venerdì del Libro di HomeMadeMamma.
Ce l’ho in lettura in questo momento. Ne ho lette una trentina di pagine…
😉
Devo aggiungere un asterisco al post: tutti i miei buoni propositi di buona comunicazione vanno in fumo quando passo una notte insonne!!!
Più facile a dirsi che a farsi! Questi libri sono molto utili come spunto e per riflettere però mettere in pratica i consigli e’ tutta un’altra storia!!
Penso che lo scopo sia proprio quello di dare delle indicazioni, delle “buone abitudini”, poi sfido chiunque a seguirle alla lettera… già sapere che esistono dei consigli pratici che funzionano secondo me è un buon punto di partenza, poi si fa come si riesce!